In questi giorni siamo spesso al telefono per discutere come affrontare e ripensare progetti e attività che dovevano (dovrebbero) svolgersi nei prossimi mesi.
Comprensibili i timori e lo spiazzamento ma l’agire è la condizione che più ci appartiene e trovare soluzioni è, parte, del nostro lavoro.
Come far fronte, quindi, agli imprevisti quando si realizzano attività culturali?
Il primo suggerimento è quello di prenderli in considerazione.
Spesso, infatti, leggiamo project plan che non contemplano (a volte anche per scaramanzia) la possibilità che qualcosa non funzioni come previsto, con la conseguenza di metterne in pericolo la buona riuscita. Una delle azioni specifiche del progettare è, invece, tener conto dei fattori di rischio e fra questi di certo ci sono gli imprevisti. La situazione meteorologica, la condizione di salute di uno dei membri dello staff o i problemi con l’utilizzo delle strumentazioni sono solo alcune delle variabili che potremmo dover affrontare. A meno, però, di non possedere doti di chiaroveggenza di certo non potremo prevedere tutto (e la pandemia attuale di certo ne è un esempio).
Come possiamo, quindi, prepararci a qualcosa che non conosciamo?
Possiamo introdurre un metodo nel nostro intendere i progetti culturali che comprenda l’imprevisto quale elemento possibile e, anzi, direi certo.
Per mostrarvi cosa intendo prendo in prestito un’immagine che credo in molti conosciate, quella del Monopoly (un tempo Monopoli).
Il Monopoly è un gioco da tavolo in cui ciascun partecipante deve gestire al meglio le finanze per aumentare il proprio patrimonio. Questo gioco mi appassionava da piccola non perché fossi particolarmente brava a contrattare azioni o alzare grattacieli ma perché trovavo fosse difficile annoiarsi (tranne verso la fine quando la tua bancarotta era evidente e dovevi solo aspettare che il vincitore smettesse di gongolare).
In quel gioco c’è, infatti, una carta, detta “Imprevisti”, che campeggia in bella vista al centro del tabellone. Non sai cosa ci sarà scritto, lei è lì a ricordarti che devi costruire la tua strategia consapevole che in qualsiasi momento dovrai essere pronto a cambiarla. Dopo un po’ che giochi, inoltre, sai quali sono gli intoppi più ricorrenti e questo ti aiuta a pensare alle tue mosse.
Questo vuol dire avere un metodo che comprenda l’imprevisto.
Tradotto nella progettazione culturale vuol dire che quando si costruisce un progetto bisogna tenere fissa davanti a sé la carta “imprevisti”: prendere in considerazione tutti quelli più frequenti (e l’esperienza in questo aiuta), pensare a possibili soluzioni ma, soprattutto, impostare la strategia sulle finalità e non sui modi.
Se ci facciamo guidare dal perché e non dal come facciamo qualcosa, quando ci troveremo davanti a un imprevisto sarà molto più facile ripensare modi nuovi per raggiungere i nostri risultati. Ci sono modi che sono parte inscindibile del contenuto e vanno salvaguardati: assistere a uno spettacolo in teatro non è affatto equiparabile al vedere lo spettacolo in televisione, la relazione con lo spettatore è parte del contenuto.
Porre attenzione al perché serve, anche, a capire queste differenze.
Elemento determinante, infatti, per garantirsi un metodo efficace per la gestione dell’imprevisto è la competenza. Una competenza intesa non come qualità individuale (senz’altro aiuta avere specialisti in diversi ambiti ma spesso è difficile avere risorse per garantirli) bensì come capacità del gruppo di adattarsi, aggiornarsi continuamente e saper lavorare in ambiti trasversali per facilitare la comprensione di scenari inaspettati.
Fra i progetti a cui meetCULTURA collabora in questo periodo ce n’è uno in particolar modo che racconta bene cosa vuol dire saper gestire (con successo) l’imprevisto. Il progetto è realizzato dal Convento dei Frati Cappuccini di Monterosso al Mare nelle Cinque Terre con il sostegno di Compagnia di San Paolo e, fra le altre cose, prevedeva la realizzazione di laboratori didattici rivolti alle scuole tenuti da ADM – Genova. La chiusura delle scuole e l’impossibilità a spostarsi, sono stati ovviamente uno di quegli elementi non prevedibili a cui si è dovuto far fronte. Gli organizzatori, però, hanno mostrato di avere un metodo di gestione degli imprevisti efficace che ha permesso di ripensare gli strumenti salvaguardandone i contenuti.
Obiettivo del progetto era, infatti, far conoscere alle scuole un luogo che per diversi motivi è sconosciuto ai ragazzi e agli insegnanti. I laboratori in convento dovevano essere un’occasione per fornire agli adulti degli strumenti per svolgere la loro didattica e ancor più un’opportunità per gli studenti di “imparare la strada” per entrare in quel convento.
Tenendo saldi questi obiettivi, gli organizzatori hanno, quindi, pensato a una soluzione: predisporre strumenti digitali (quali schede e kit didattici) e allo stesso tempo svolgere comunque i laboratori, non in convento ma on line.
Quest’ultima azione di per sé, però, non sarebbe stata garante dell’obiettivo di cui si diceva sopra (“imparare la strada”) perché sia gli operatori che i partecipanti sono a casa; si è pensato, quindi, a un’altra soluzione.
Prima del laboratorio, dal convento viene organizzata una diretta in cui il frate che vi abita dà il benvenuto ai ragazzi proprio da alcuni dei luoghi più caratteristici di quel luogo. In questo modo si “mostra la strada” per andare proprio in quel convento a Monterosso a incontrare proprio quel frate: si personalizza un’esperienza che non può essere ripetuta altrove.
Questo vuol dire cambiare gli strumenti ma lasciare inalterate le finalità del progetto, poter far conto sulla competenza e saper gestire gli imprevisti in maniera efficace.
di Arianna Errico
Project Manager di meetCULTURA